Il Cortile

In Francia il pollo è un’istituzione. Trovare un animale allevato biologicamente e secondo ritmi più lenti è una possibilità che anche le grandi catene di supermercati riescono a fornire. I francesi d’altro canto, quando nel dopoguerra, l’allevamento industriale arrivò in Europa si opposero a un prodotto che non era come quello a cui erano abituati. Una sottile, democratica rivoluzione che è radicata in una cultura forte che li ha resi un simbolo gastronomico per generazioni fino ad oggi.

Ma come siamo arrivati a questo? Quando abbiamo abbassato la testa e detto sì alla disumanizzante avida tecno-brutalità dei CAFO?

La domesticazione degli animali ha origine intorno a 10.000 anni fa in Mesopotamia, in conseguenza a forti variazioni climatiche che avevano ridotto le risorse di caccia per le comunità di raccoglitori-cacciatori. L’allevamento, assieme all’agricoltura, nasce con la fine del nomadismo umano e con la necessità di controllare maggiormente le risorse alimentari per quelle comunità, che grazie alla vita sedentaria, sono sempre in maggiore espansione.

I primi animali ad essere allevati furono naturalmente quelle specie più docili che tendono alla socialità, che non hanno uno spirito territoriale e che riconoscono nell’uomo un leader, un capo branco: pecore e capre per esempio.

Il rapporto tra uomo e animale è molto complesso e non si limita solo ad essere uno scambio di nutrimento: oltre alla carne, il latte, e quindi i formaggi, e le uova, la lana e un’importante forza lavoro per lo sviluppo dell’agricoltura.

Il lupo fu addomesticato per diventare cane, un compagno-lavoratore che aiuta l’uomo nelle battute di caccia o nella protezione del bestiame. Il gatto allo stesso modo, in cambio di nutrimento, protegge le scorte alimentari dagli attacchi di piccoli predatori.
Con il tempo si assiste a una vera trasformazione di queste specie, un forte adattamento ai bisogni umani: le dimensioni si riducono, il pelo esteriore si fa più e più fine, come nel caso delle pecore, la cui lana diventa sempre più disponibile, si assiste alla perdita di quegli organi sensoriali utili alla vita selvatica, gli animali vanno verso una maggiore docilità.

I primi animali ad essere allevati furono naturalmente quelle specie più docili che tendono alla socialità, che non hanno uno spirito territoriale e che riconoscono nell’uomo un leader, un capo branco: pecore e capre per esempio.

Il rapporto tra uomo e animale è molto complesso e non si limita solo ad essere uno scambio di nutrimento: oltre alla carne, il latte, e quindi i formaggi, e le uova, la lana e un’importante forza lavoro per lo sviluppo dell’agricoltura.

Anche l’allevamento di avicoli ha una storia antica, addomesticato intorno al 7500 a.C., probabilmente originario di un’area compresa fra la Cina settentrionale e il Pakistan, se ne hanno notizie documentate dal 4000 a.C., in Persia e Mesopotamia. Dopodiché raggiunse l’Egitto e la Grecia per poi espandersi in tutta Europa.

In Egitto, ma anche in Cina, si ritrovano i primi esempi di incubatoi, strutture di argilla dove gli animali venivano tenuti per la produzione delle uova e per la riproduzione dei pulcini. Questa pratica andò avanti a lungo passando per i romani, durante il rinascimento fino ai giorni nostri.

L’allevamento dei conigli fu scoperto dai Fenici ed è presente anche nella cultura romana, benché si affermò solo nel medioevo grazie a monaci che ne isolarono le razze.

Durante il Medioevo l’allevamento degli animali da Cortile perse di importanza, disprezzato dai contadini stessi, diventò appannaggio delle massaie, mentre ancora avevano grande importanza gli allevamenti ovi-caprini grazie all’importanza della lana e alla maggiore presenza dei seminativi.

Per i ricchi signori, dediti alla caccia e alla cultura della carne e del sangue, diventò un vero e proprio parcheggio macchine dove metter in mostra le proprie specie ornamentali. Un luogo dove mostrare la propria ricchezza e fare sfoggio dell’esotico.

Con la scoperta delle Americhe, in Europa vennero introdotti i Tacchini, scambiati coi polli dagli Spagnoli. Vi è tuttavia una diatriba ancora aperta sulla presenza o meno del pollo in America prima dell’arrivo dei colonialisti e c’è ancora una grande confusione dovuta alle difficolta di nomenclatura delle specie rispetto ai giorni nostri.

Simile condanna ha subito la Faraona. Originaria dell’Africa venne importata in Europa e in America, dove non è chiaro se fosse già presente o se vi si riferisse ad essa con un nome differente, tacchino ad esempio. Per capire le difficoltà nel dare un nome specifico alle cose bisogna pensare che in quel periodo si indicava con Pavone qualsiasi animale in grado di fare la ruota col piumaggio.

L’adattamento dell’animale all’uomo è stato regolare nella storia, una conformazione ai bisogni di una società che richiedeva sempre di più e che è culminato nel XX secolo, con gli allevamenti intensivi, con l’ipersfruttamento dei foraggi, con il crollo dei prezzi della carne, con la semplificazione della morte animale. Un processo inarrestabile che ha appiattito la varietà, abbassando la qualità: pensiamo ai Broiler che si trovano oggigiorno in commercio in tutti i supermercati (e non solo), specie di polli modificate in modo da fornire un prodotto sempre stabile, resistente, con petti molto grossi. Una specie di cui poche multinazionali al mondo possiedono il brevetto dominando il mercato. E così che anche piccoli produttori, sono costretti all’acquisto di questi pulcini di Broiler.

D’altro canto, la crescita veloce e la resistenza ne fanno un buon prodotto per assicurare al cliente una consistenza commerciale, persino quello nell’ambito del biologico o dei mercati contadini. Il servizio sanitario, poi, non assicura certo grandi facilitazioni ai produttori per quanto riguarda le norme per la riproduzione di razze antiche o rare. 

È così che la poesia del pollo cresciuto “come una volta” muore, per fare posto ad una standardizzazione che depaupera il territorio, svilisce il rapporto con l’animale e che ne inficia la qualità. Il peso della nostra razza sul pianeta può essere alleggerito solo con coscienza storica, ostacolando l’avanzare di un’industria e di un’economia che fagocita se stessa, moltiplicandosi inesorabilmente.

I libri, una rubrica di Mau Silvestri
IL DILEMMA DELL'ONNIVORO
MICHAEL POLLAN - Adelphi 2008
L'uomo può mangiare tutto, perciò deve imparare a scegliere. Una food detective story per non dire più "basta che sia buono".
L'ASSEMBLEA DEGLI ANIMALI
FILELFO - Einaudi 2020
Da un autore anonimo una favola sul problema più urgente del nostro tempo visto dalla parte degli animali.
infine non poteva mancare un grande classico imperdibile:
LA FATTORIA DEGLI ANIMALI
GEORGE ORWELL - Newton Compton 2021, traduzione di Enrico Terrinoni
Acutissima satira contro il potere. Da leggere e da tenere a mente per capire come funziona il mondo.
I film, una rubrica di Comandante Jean
La febbre dell'oro
Charlie Chaplin - 1925
Accattone
Pier Paolo Pasolini - 1961
Due film dalla profonda precarietà dei protagonisti che richiama la povertà assoluta, servita come alibi alla grande industria per creare un illusivo benessere.
La musica, una rubrica di Matteo Gallello
Nevermind
Popular Problems, Leonard Cohen - 2014
Bomba o non bomba
Bomba o non bomba/Giulia, Antonello Venditti - 1978
War Pigs
Paranoid, Black Sabbath - 1970
White Rabbit
Surrealistic Pillow, Jefferson Airplane - 1967