TAGLIARE

Tagliare è il gesto all’origine del gusto. Il primo movimento di ogni preparazione inizia con il taglio. Ogni verdura, carne, pesce se non viene cotta intera, quindi solo lavata, deve sottomettersi alla pratica del coltello.

Dare forma a un cibo ne altera le caratteristiche originali, uniforma (oppure no) la cottura, cambia la texture, in sostanza ne cambia il sapore.

Tagliare è il primo e ultimo ostacolo per ognuno di noi cuochi, in verità per chiunque si approcci alla cucina. Si inizia col capire come maneggiare il coltello, come impugnarlo, all inizio del manico o alla fine. Si imparano forme e finezze. Si cerca una forma di rilassamento zen per ridurre la fatica e aumentare scarico del peso ed equilibrio. Un taglio cosciente implica presenza, esserci subito e ora. Una distrazione potrebbe rovinare la materia prima o peggio ferire.

E’ un percorso senza fine che insegna a rispettare la materia prima, ma soprattutto a non fare il minimo spreco. Un percorso che insegna a crescere lentamente, in antitesi con la modernità gastronomica che vuole il cuoco che conosce ogni tecnica, ogni tecnologia, ogni ingrediente in un impeto di onniscienza non esperienziale, solo accademica.

Tagliare uno scalogno, una cipolla, sembrano atti semplici e consolidati, ma nascondono un infinità di nuances e di tecnicismi che sfuggono ai più. Eseguire una brunoise perfetta non è un esercizio di stile. Decidere la finezza del chicco è determinante nello sviluppo di una ricetta, tritare di più significa avere più superficie esposta alla caramelizzazione o a rilasciare più gusto.

Tagliare non è solo una pratica di cucina, ma una vera e propria forma di rispetto per gli altri.

Ogni boccone dev essere preparato nella forma corretta tenendo in considerazione che l’apertura della bocca è in media di 3 cm ma che il volume può variare per stazza e conformazione.

Non fa strano dunque che l’ossessione per uno strumento come il coltello sia tale da produrne un tipo per ogni scopo, in linea con una cultura che metto ogni cosa al proprio posto.

Sengiri, Araregiri, Mijingiri,Wagiri, Hangetsugiri, Ichigiri…in Giappone ci sono infinite tecniche e sfumature che riguardano l’arte del coltello e ognuna ha un nome, ognuna in equilibrio tra bellezza e funzionalità.

Non fa strano dunque che l’ossessione per uno strumento come il coltello sia tale da produrne un tipo per ogni scopo, in linea con una cultura che metto ogni cosa al proprio posto.

Julienne, Brunoise, Matignon, Concassè, Mirepoix, Chiffonade. 

Ancora una volta ogni verdura può subire diversi trattamenti a seconda della ricetta, della cottura o della volontà del cuoco. Tagliare in Francia è un arte sublime e lo raccontano le storie di grandi Chef, di Commis che passano ore a tritare scalogni e prezzemolo o a mondare casse di patate per ottenerne forme tutte uguali.

Tagliare non è qualcosa di puramente formale significa, cambiare lo stato delle cose, passare da A a B senza possibilità di reversione. Tagliare è un pensiero prima che un gesto, un pensiero di cui la cucina ha bisogno continuamente e che chiama coraggio e dedizione. Tagliare con la tradizione, scomporre il passato, tritare ricette, esperienze, idee, prodotti, persone.

Tagliare è la sintesi del cucinare, un atto all’origine dell’uomo, all’origine della vita.